Dal blog: Un passo letterario per la “derealizzazione”

“Alzai gli occhi, mi guardai attorno e non sapevo dov’ero.
Non è un modo di dire. Non è che mi sia messa a fare poesia.
Lasciai vagare lo sguardo sull’asfalto, sulle foglie tremolanti delle quillaie, sul nome scritto sull’insegna del benzinaio. Ma per quanto i miei occhi scrutassero la realtà che mi circondava, non riuscivo a capire com’ero arrivata in quella via, in quel quartiere, in quella città, in quel posto di lavoro.
Non riuscivo a distinguere la terra dall’asfalto, una bicicletta da un animale, una gamba dall’altra, quella domestica da me stessa.
La sola idea di un animale, dell’asfalto sopra la terra, della domestica che camminava con la sua divisa sotto il sole mi divenne del tutto estranea. Era una specie di sdoppiamento, lì mi ero andata a cacciare e non riuscivo più a uscirne.
Rimasi abbagliata dalla luce, paralizzata dalla paura, alla disperata ricerca di qualcosa che mi restituisse al mio corpo. Mi diedi qualche schiaffo e mi strofinai gli occhi con i pugni chiusi. Allora vidi di nuovo il cane: marrone, arruffato, con uno sguardo selvaggio. Il cane, la felce tatuata sul braccio del ragazzo, la via impeccabile, quella donna che un giorno sarei stata io che portava a spasso la sua padrona, ormai anziana.
Ricordai la strada e tornai a casa di corsa.”

#citazioniletterarie

Pulita – Alia Trabucco Zeran

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