Stati depressivi e negazione di sé

Gli stati depressivi sono caratterizzati da un progressivo abbassamento della sensazione di energia vitale non solo nella mente, ma anche nel corpo. Il nostro corpo, infatti, più o meno improvvisamente e a volte in modo intermittente, viene percepito soggettivamente quasi come una casa in cui venga spenta la luce. Spesso senza che se ne avverta una vera ragione, smettiamo di avere la forza, l’energia, per fare quello che abbiamo sempre fatto e sentirci come ci siamo sempre sentiti nei confronti degli altri e delle cose. Gli oggetti sulle mensole del nostro sè-casa perdono di significato e gli angoli sembrano vuoti e spaventosi. 

Chi ha sperimentato stati depressivi, specie se accompagnati da panico, sa come tutto sembri smettere di funzionare e venga permeato da una sensazione di vuoto e paura

Si parte alla ricerca di un posto in cui rifugiarsi: per alcuni sono gli altri, presso i quali si ricerca una figura protettiva, quasi genitoriale, un’ancora o uno sguardo che ci restituisca un senso di noi; per altri il proprio letto, la propria casa, l’assenza della relazione con l’altro, vissuta come quasi minacciosa per il sé o destabilizzante

Si sente di non poter fare più affidamento su di sè, sulle proprie risorse, o sulle relazioni con gli altri, sulle cose del mondo esterno.

La ricerca ha puntato molto sul ruolo della serotonina negli stati depressivi, rispetto alla quale ultimamente gli scienziati hanno dei dubbi derivanti da test clinici. Anche l’alimentazione e l’attività intestinale hanno un ruolo di primo piano nella depressione, in modo connesso a stati infiammatori e alterazioni del sistema immunitario.

Ma non è abbastanza. 

Qual è la causa e quale l’effetto, ancora ci si chiede.

Forse è una domanda sviante, dato che mente e corpo, emozioni e chimica, non sono funzioni disgiunte. 

L’essere umano è un sistema complesso.

Come arriviamo allora a questa sensazione di spegnimento? 

Quando siamo bambini, adolescenti, figli, siamo dipendenti, dal punto di vista della sopravvivenza fisica ed emotiva dai nostri adulti di riferimento. Se quest’ultimi vivono situazioni di difficoltà personali che non permettono loro di sintonizzarsi con i propri figli, di vedere davvero quelle che sono le loro caratteristiche come individui e i loro bisogni emotivi, succede che i bambini o i ragazzi/e, nella necessità di adattarsi all’ambiente relazionale, neghino parti di sé e le proprie percezioni e sensazioni su sé stessi e sul mondo.

Aderire al bisogno dei genitori o del mondo adulto intorno a sé, dissociando le parti di sé che non vengono viste e validate dagli adulti di riferimento, o che, quando emergono, creano dolore o distanza, in età evolutiva spesso è l’unica soluzione adattiva che possiamo trovare. La priorità di ogni bambino o ragazzo/a è infatti poter dipendere, trovare coerenza, prevedibilità e sicurezza nel sistema in cui vive. 

È così che a volte anche l’alternanza di aggressività e affetto, di trascuratezza e amorevolezza, della sensazione di pericolo dovuta alla fragilità dell’adulto, dove il disagio del bambino non può essere accolto perché spaventerebbe quello che in quel momento è un adulto fragile, diventano per un bambino schemi coerenti proprio nell’ incoerenza, diventano uno schema prevedibile e conosciuto, percepito come casa

Capita che si perda così la possibilità di mantenere uno sguardo altro e lucido sulle situazioni in cui ci si sente disconosciuti e trascurati e confusi, in assenza di un altro esterno che sostenga le nostre sensazioni. 

Oppure capita che si stratifichino e si moltiplichino esperienze di impotenza e insuccesso, di lotte che non ottengono risultati, causando a lungo andare il passaggio da picchi di rabbia o dolore ad una sorta di spegnimento auto-protettivo delle proprie energie psichiche ed emotive. 

La depressione è allora un esito della negazione delle nostre caratteristiche, percezioni e bisogni da parte dell’altro, che poi diventa una nostra negazione nei confronti di parti di noi. E’ esito di un prolungato spegnimento energetico dato dalla caduta nel vuoto delle nostre istanze e richieste, da una prolungata permanenza nell’impotenza nella dinamica relazionale con l’altro.

Perchè ora?

Spesso l’inizio di sentimenti depressivi e sensazioni di panico avviene quando qualcosa che viviamo nel presente (una relazione finita, un insuccesso lavorativo, un rifiuto, o anche una esperienza positiva che però suscita sentimenti di inadeguatezza o vulnerabilità) riattiva vissuti passati mai elaborati, suscitando le stesse sensazioni, in modo spesso incomprensibile dall’interno.

Cosa fare?

La strada da percorrere è sempre quella della rilettura consapevole, con l’aiuto del terapeuta, delle proprie originarie sensazioni e bisogni, la ripresa di contatto con se stessi, della valorizzazione di tutte le strategie di sopravvivenza che ci hanno portati fino al momento presente e della scelta tra quelle ancora necessarie e quelle che si possono lasciar andare. 

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