Dal blog: Vivere solo finché lavori

Capita anche a te di sentire di poter vivere pienamente solo finché lavori? 

Di avvertire una sorta di mancanza di senso in un prolungato tempo inattivo dal punto di vista dell’attività lavorativa? 

Nell’ultimo libro di Eleonora C. Caruso, Doveva essere il nostro momento, è riportato questo passaggio:

«Intendo che nel tuo midollo c’è l’idea che tu possa vivere solo finché lavori. Che se non scambi il tuo tempo con la tua fatica, non ti meriti di averlo.» (…) «È qualcosa che persiste, ben al di là dei bisogni o delle risorse reali. È un allarme sempre acceso nel cervello, una malattia. Ti fa credere che la tua vita sia in pericolo.»

«Perché lo è» rispose Leo, senza pensarci.

«La tua sì» concordò Zan, sistemando la terra dove l’aveva smossa.

Anche tu avverti questa sensazione di pericolo? 

Sapresti dire dove e quando l’hai imparata?

Ha a che fare con il bisogno di soddisfare le richieste di chi sta sopra di te? Di essere bravo/a abbastanza, di avere abbastanza valore?

E’ un modo per riempire il tempo e lo spazio e allontanarti dalla dimensione del vuoto ansiogeno?

Corrisponde ad una tendenza ai pensieri ossessivi che hanno a che fare con i feedback o la responsabilità verso terzi?

Queste domande potrebbero costituire un passaggio importante per esplorare zone di te che hai mantenuto distanti.

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